
28 Ott 2021 - Società
Da quando è arrivato il Covid e la pandemia, la parola Smartworking è entrata a far parte del nostro lessico giornaliero. In Italia il termine è stato tradotto come lavoro agile, ma in realtà il concetto è molto più ampio. Uno strumento che è applicato già da tempo da diverse aziende e che va a scardinare abitudini e consuetudini lavorative basate sulla presenza e meno sugli obiettivi da raggiungere. Lo Smart Working viene definito anche dal Ministero del Lavoro come un rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari e spaziali, organizzato per cicli e obiettivi che possano così facilitare l’organizzazione della vita delle persone e dei lavoratori.
Lo Smartworking, comunque, presuppone un cambiamento culturale e mentale. Staccarsi dall’idea dell’ufficio, stacarsi dall’uso continuo dell’auto, staccarsi dagli schemi di lavoro non basati su obiettivi. Ed è bene chiarirlo, lo Smartworking non è il telelavoro, non vanno confuse queste due modalità.
E lo Smartworking diventa uno strumento contro i Coworking? In realtà no, perchè possiamo anche decidere di andare quando vogliamo e quanto tempo vogliamo al Coworking dietro casa, magari per staccare dalle mura di casa. Questo renderebbe il lavoro più smart, produttivo e personalizzato in un ambiente sempre diverso e creativo.
Il Coworking può essere vissuto come uno spazio fisso continuativo, specialmente se si è liberi professionisti, a differenza dello Smartworking che generalmente ci vede impegnati come dipendenti. Ma se vogliamo lavorare in uno spazio di Coworking, la scelta è nostra e nessuno può vietarcela, anche in caso si lavori in Smartworking.
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Tag:coworking, distanza, lavoratori, lavoro, smartworking, the cooffice